Visto che ho passato la notte in albergo, ne ho approfittato: bucato, doccia eterna, sonno altrettanto eterno, tanto che alla fine mi sono messo in cammino un po’ tardi, verso le 9:45.
Il primo impatto è stato di rassegnazione a causa della pioggia battente che mi ha dato il buongiorno e che mi ha accompagnato per circa un’oretta. Poi, quando è diventata più leggera e stavo cominciando a godermi il panorama, una simpatica sorpresa: il sentiero è circondato ai lati da due muri di rovi e in mezzo… non esiste. Al suo posto un torrente impetuoso e profondo una spanna. Poi, dopo almeno 200m di camminata nel torrente, un altro centinaio di metri di fango morbido che inghiotte le scarpe. Fortunatamente sono riemerso senza troppi danni, anche grazie alle scarpe da montagna impermeabili. E pensare che c’è chi mi aveva consigliato scarpe leggere da trekking e chi addirittura semplicemente dei sandali. Evidentemente non erano mai passati dai Pirenei a primavera.
Alcune relazioni sulla tappa odierna che avevo letto prima di partire descrivevano tratte mal tenute, quasi in rovina, in particolare lungo il fiume, dove il sentiero è a precipizio sull’acqua. Il percorso, almeno fino a Bedous, è invece oggi in condizioni perfette, ben segnalato, pulito da sterpaglie, con i tratti crollati messi in sicurezza grazie a gradini artificiali e a travi di protezione. Potrei sbagliare, ma la manutenzione secondo me è stata fatta da pochissimo, probabilmente da meno di una settimana.
Una caratteristica comune a tutti i paesini che ho attraversato, è la sensazione di essere fuori stagione: pochissime persone in giro, molte case chiuse e sbarrate, negozi, ristoranti, b&b chiusi. Oggi contavo di mangiare qualcosa di sostanzioso da qualche parte, ma non sono riuscito a trovare neppure un bar aperto. Alla fine ho quindi pranzato a Sarrance, seduto sui gradini della fontana, con le cibarie portate da Trento.
Molto inquietante anche la ferrovia abbandonata che un tempo collegava Oloron con Canfranc Estaciòn in Spagna. Pare sia caduta in disuso negli anni ’70 e ora è completamente in rovina, ricoperta di rovi, arrugginita. Non è mai stata smontata e buona parte del cammino la costeggia: molto suggestivo, anche se talvolta un po’ spettrale.
L’ultima ora di cammino prima di arrivare a Borce è nuovamente bagnata dalla pioggia, ma ormai sono abituato e quasi non ci faccio caso. All’ingresso del paese trovo la Gite de l’Hospitalet de Borce, una struttura per i pellegrini nella quale vorrei farmi ospitare per la notte. Provo a bussare, a chiamare, ma evidentemente non c’è nessuno. Fuori piove, il paese è completamente deserto: che fare? Provo per disperazione ad abbassare la maniglia e… la porta era aperta. In pratica, l’Hospitalet è un appartamento sempre aperto dotato di bagno, doccia, cucina e due stanze, per un totale di sei letti. Sul muro un cartello dice che la signora che lo gestisce passa ogni giorno fra le 18:30 e le 19:30 per gestire pagamenti e timbri. Nel frattempo, ci si può sistemare liberamente: non male direi. Anche questo paese è privo di ristoranti, quindi per la cena ho fatto una mini-spesa in un quasi-bar e mi sono cucinato alcuni pseudo-cibi precotti (particolarmente orrenda la paella da microonde pronta in 2 minuti).
Come si può notare da quanto scritto sopra, oggi in tutta la giornata non ho incontrato altri pellegrini. Evidentemente questa variante la scelgono in pochi. Come conferma basta dare un’occhiata a ritroso al libro delle firme dell’Hospitalet: una persona ieri, una dieci giorni fa, una coppia il 24 marzo e poi nulla fino al 22 ottobre dell’anno scorso!
Questa sera sono un po’ stanco e domani sarà una giornata molto impegnativa con salita di oltre 1000m al passo e successiva discesa dal lato spagnolo. Se tutto va bene, conto di arrivare a metà pomeriggio a Canfranc Estaciòn. E ora… a dormire!
Coraggio Michele! ti sto seguendo.. non mollare!