Oggi è stata una giornata interessante, sia per il percorso un po’ estremo, sia perché ho incontrato altri pellegrini.
Premetto subito che l’acqua non ha mai smesso di cadere sulla mia testa per tutto il giorno, ma ormai non è una novità. Il risveglio a Borce è stato lento e piacevole, con doccia calda, colazione, e tutto il tempo di preparare con calma lo zaino. Il primo tratto, quasi interamente sulla statale con i camion che sfrecciano vicinissimi non è stato granché ma, dopo poco più di un’ora, sono arrivato a Urdos, ultimo paesino prima del passo. Qui ho finalmente avvistato un bar aperto e mi ci sono fiondato per fare con calma una seconda colazione, cosa che si rivelerà molto utile visto che da Urdos al passo ci vogliono 3 ore e mezza e non ci sono posti riparati dove riposarsi.
Poco prima di iniziare la salita, ecco il mio primo incontro. Si tratta di Antoine, francese, 50 anni, partito tre settimane prima da casa sua e anche lui diretto a Santiago. E’ un tipo silenzioso e tranquillo, scambiamo due parole su quanto sia pericoloso camminare sullo stradone e ci apprestiamo a partire per il passo. La sua guida dice di seguire la statale per 8 km, mentre la mia traccia gps suggerisce un sentiero (non segnalato) in mezzo ai campi che dovrebbe permettere di evitare una buona porzione di statale. Ci avviamo quindi per strade diverse. Purtroppo stavolta il gps mi tradisce, dopo 20 minuti di sentierino, un cartello dice senza mezzi termini: il sentiero finisce qui, vietato entrare, proprietà privata. E anche se vedo il sentiero continuare nella direzione indicata dal navigatore, un muro di filo spinato mi impedisce di proseguire, disdetta! Senza tornare indietro fino a Urdos, decido i tagliare per i campi e raggiungere la statale, anche se questo significa attraversare un paio di appezzamenti apparentemente deserti. Tutto bene, anche se pochi secondi dopo aver raggiunto la strada, arrivano due grossi cani da caccia ringhianti che mi guardano in… cagnesco. Fortuna che conoscono i confini e non osano avvicinarsi.
Faccio quindi anch’io i miei km di statale, come tutti. Ad un certo punto, una colonna con incisa la conchiglia del cammino, indica l’inizio dell’antico percorso dei pellegrini. Un sentiero bellissimo che sale lentamente, immerso nella natura e ricco dei segni delle antiche mura e delle fortificazioni ormai in disuso che probabilmente offrivano protezione e ristoro ai pellegrini.
Intorno ai 1000m di quota la pioggia si trasforma in nevischio e raggiungo Antoine, che mi fa cenno di stare in silenzio e di guardare verso il bosco: una ventina di camosci (o forse erano altri ungulati, non saprei) pascolano tranquilli a poca distanza da noi. Continuiamo insieme la salita, che per la neve diventa più difficoltosa, con qualche problema a trovare i segnali del sentiero e le frequentissime pozze di fango che ingoiano le scarpe. Alla fine sbuchiamo sulla strada asfaltata, nel bel mezzo di una bufera di neve. Mancano solo 3km al passo, ma d’ora in poi seguiremo solo la strada, perché il sentiero è completamente impraticabile. Mentre decidiamo il da farsi, ecco sbucare fra i fiocchi un’anziana signora, dotata di zaino, poncho gigantesco, e bastoncini da trekking. Si tratta di Marine, anche lei francese, sulla 70ina, diretta come tutti noi a Santiago. Antoine la consce già e mi spiega che quando è troppo stanca per proseguire fa autostop o chiama un taxi. Non ci preoccupiamo quindi del suo incedere lento e, su sua richiesta, procediamo spediti verso il passo.
E’ una gran bella emozione arrivare in cima dopo tanta fatica, vedere la frontiera, ed entrare in Spagna, finalmente. Sul lato francese è tutto morto (siamo fuori stagione sciistica), ma su quello spagnolo c’è l’ostello dei pellegrini che, oltre ad offrire camere, prepara anche pasti sostanziosi. Ne approfittiamo tutti e tre (nel frattempo anche Marine è arrivata) e durante il pranzo chiacchieriamo del più e del meno. Mentre loro due si fermeranno a dormire al passo, il mio progetto prevede di scendere verso Canfranc Estaciòn e cercare lì una sistemazione per la notte. Verso le 15 ci salutiamo, consapevoli che, visti i nostri progetti e ritmi di cammino, probabilmente non ci vedremo più.
Anche la discesa è discretamente epica. Sul lato spagnolo la bufera di neve è decisamente più intensa e i fiocchi si muovono in ogni direzione, orizzontali, dal basso, dall’alto… Il percorso ufficiale del cammino prevederebbe tutta una serie di scorciatoie, purtroppo impraticabili per la neve. Tutti i 7km fino a Canfranc Estaciòn li faccio quindi lungo la statale, sempre nella bufera. Impressionante anche attraversare la stazione sciistica di Candanchù: alberghi, centri commerciali, bar, discoteche. Tutto abbandonato, nessuno in giro, ormai gli impianti sono chiusi, anche se le piste sembrano ancora perfette (sfido, c’è quasi un metro di neve!).
A Canfranc Estaciòn trovare alloggio è un’impresa. Tutti gli ostelli della guida hanno il cartello “cerrado”, chiuso! Anche gli alberghi sono tutti chiusi. Fortunatamente l’ufficio informazioni è aperto e la gentile operatrice mi spiega che è proprio così, tutto chiuso… L’unica soluzione è fare altri 4km e arrivare a Canfranc Pueblo, dove una casa rural è aperta. Zaino in spalla, riprendo il cammino e scopro con piacere che il sentiero, oltre ad essere bene o male transitabile, è anche molto suggestivo, con passaggi nel bosco che mi ricordano quello fatto in mattinata. A metà strada la bufera si trasforma in semplice nevicata, per poi diventare pioggia proprio nei pressi della casa rural.
Qui sono sistemato in una stanza da quattro, in compagnia di un signore spagnolo e di suo figlio. Non so ancora chi siano, ma alle 21 ceneremo insieme e magari mi racconteranno di loro.
Brrrrrrrr… che freddo deve esserci da quelle parti! Buon viaggio! 🙂
Che bello, dev’esserci un’atmosfera magica… Non metterti nei pericoli, però…!
quasi quasi tempo da skialp! Keep going on!! pensa ai magnifici ricordi che ti resteranno di quest’esperienza!
I was very pleased to see that you had to endure a real Pyrenees snow stage! I love to see you suffering on your pilgrimage 🙂