Discesa e foresta

Martedì 4 giugno 2013. In viaggio: giorno 97. In Perù: giorno 6. A piedi: giorno 30.

Salkantay Trek: giorno 2. Da Huayracmachay (3800m) a La Playa (2100m).

Orchidea selvatica che spunta da un tronco nella foresta.

Dopo una notte difficile a causa di un fastidioso mal di testa probabilmente dovuto all'altitudine, la sveglia alle 5 del mattino è stata certamente gradita. Tanto più che Sabino ci ha svegliati con una bella tazza fumante di the di coca e una bacinella d'acqua calda per lavarci: gran lusso.

Quella di oggi è la tappa più lunga di tutto il cammino, ma essendo quasi tutta in discesa la affrontiamo molto rilassati, chiacchierando in continuazione, approfondendo quindi la conoscenza con i compagni d'avventura.

Passiamo dall'ambiente desolato dell'alta quota alla cloud forest, per poi attraversare anche la tropical forest. Grande variabilità di ambienti, piante, animali, temperature, e tutto nel giro di poche ore a piedi. Sabino è sempre molto premuroso nell'indicarci i nomi delle piante e degli animali, rendendo interessante ogni nostro passo. Avvistiamo parecchi tipi di orchidee selvatiche, uccelli coloratissimi, piante da frutto, mirtilli, distese infinite di fragoline di bosco. Incredibile che da queste parti le palme arrivino fino a 2800 metri di quota.

Un improbabile shopping center nel mezzo della foresta. Inizialmente abbandonato, dopo poco arriva una ragazza che ci vende Inka Cola e passion fruits.

Organizzazione e qualità dei cibi sempre eccellenti, è un piacere trovare il campo perfettamente allestito quando arriviamo. A ora di pranzo abbiamo salutato i cavalli; fino a La Playa esiste infatti una strada e i materiali viaggeranno in auto.

Fortunatamente siamo graziati dalla pioggia, che inizia a cadere copiosa solo dopo il nostro arrivo. Durante la cena siamo assaliti da pulcini, gatti e piccoli tacchini, tutti molto interessati al nostro cibo… mica scemi.

Anche Steffi, la compagna di cammino tedesca, scrive regolarmente un diario di viaggio online. Ecco il link (in inglese). In particolare, ecco il post che dedica al Salkantay Trek (ricchissimo di fotografie).

 

Valanga sul Salkantay

Lunedì 3 giugno 2013. In viaggio: giorno 96. In Perù: giorno 5. A piedi: giorno 29.

Salkantay Trek: giorno 1, da Soraypampa (3700m) a Huayracmachay (3800m), via Salkantay Pass (4600m).

All'improvviso, un rombo da far tremare la terra. Guardiamo tutti nella direzione della montagna, ma è nascosta nella nebbia. Capiamo comunque che si tratta di una grossa valanga, partita poco sotto alla cima del Salkantay (6270m). Il frastuono aumenta e, vicino alla base della montagna, la vediamo arrivare. Sembra un'enorme nuvola bianca che cade, si gonfia, risale, per poi fermarsi lentamente. Fortunatamente abbiamo assistito a questo spettacolo della natura da posizione completamente sicura, poco dopo aver superato il punto più alto di tutto il cammino, il Salkantay Pass (4629m).

La giornata è iniziata prestissimo, appuntamento alle 4:30 davanti all'ostello a Cusco. Poi, dopo aver raccolto gli altri compagni d'avventura, tre ore e mezza su strade secondarie fino a Soraypampa (3700m), una località fino a pochi anni fa dedicata alla coltivazione delle patate che oggi è solo il punto di partenza del Salkantay Trek, con tanto di lodge di lusso per turisti viziati.

Da sinistra, Zeno, Celine, Hendrik, Anna, io, Steffi.

Siamo sei camminatori, una guida, uno chef, un aiuto cuoco, due addetti ai cavalli, e cinque cavalli che trasporteranno tutti i materiali per allestire i vari campi. La prima impressione è subito positiva, nonostante l'alzataccia si chiacchiera piacevolemente e il classico rito delle domande “da dove vieni?“, “come viaggi?” riserva alcune sorprese. Ci sono Anna e Hendrik, una giovane coppia di tedeschi che… sta facendo il giro del mondo in sei mesi, seguendo a grandi linee il mio stesso itinerario. Ci sono alcune differenze, ma grosso modo stiamo vivendo la stessa esperienza. C'è poi Steffi, sempre sorridente, anche lei tedesca, che, a qualche anno dalla laurea, ha deciso di prendersi cinque mesi per girare da sola il Sud America. Ora è verso la fine del viaggio e tornerà in Germania fra un paio di settimane. Gli altri due compagni d'avventura, Zeno e Celine, sono una bella coppia di scozzesi che sta facendo una vacanza di alcune settimane in Perù. Lei è in realtà francese, ma ormai da molti anni vivono insieme a Edinburgo.

Sabino, la nostra guida.

Sabino è la nostra guida. Dieci anni d'esperienza, inglese di buon livello, è sempre pronto alla battuta, senza però mai perdere il polso della situazione. Non è solo una guida, ma è anche un appassionato di montagna, tanto che solo pochi giorni fa ha tentato in compagnia di amici la risalita del ghiacciaio del Salkantay, arrivando fino a 5600m. Spassose le sue imitazioni del modo di camminare dei vari paesi (giapponesi, tedeschi, francesi, italiani…).

Chef e aiuto cuoco ci stupiscono con una colazione volante sul prato dove inizieremo a camminare. Sei sedie e un tavolo perfettamente imbandito, sei bacinelle di acqua calda per lavarci le mani, con relativi asciugamani numerati. Colazione abbondante che non ha nulla da invidiare a quella di un albergo. Ottimo inizio.

Il percorso di oggi non presenta alcuna difficoltà tecnica, ma risulta impegnativo per l'altitudine. Partenza a 3700 metri, le prime ore risaliamo la valle formata da due importanti massicci. Quello dell'Umantay (5910m) a sinistra, e quello del Salkantay (6270m) a destra. Le due cime, illuminate da un bel sole, accompagnano i nostri primi passi. Respirare a queste quote costa fatica, ma procediamo tutti più o meno speditamente, senza risentirne troppo.

Verso ora di pranzo il tempo purtroppo cambia. Siamo a 4200m di quota, il sole si nasconde, la temperatura precipita e comincia a cadere qualche sparuto fiocco di neve. Nulla di preoccupante, ma è un sollievo entrare nella tenda/cucina. Molto grande, è divisa in due: da una parte il nostro tavolo già apparecchiato, dall'altra fornelli e cuochi che preparano un pranzo come si deve. Zuppa di mais per iniziare, poi una serie di piatti salutari e sostanziosi: verdure miste, filetto di trota, riso, gran piatto di avocado, e molto altro. Vista la quota e le condizioni della cucina, siamo rimasti tutti stupiti dalla qualità e dalla varietà dei cibi.

La salita verso il passo è ripida, ma nel giro di poco arriviamo in cima, contenti nonostante la visibilità sia un po' limitata dalla nebbia. Dopo l'impressionante evento della valanga abbiamo iniziato la lunga discesa fino ai 3800m del campo allestito per la prima notte. Ho una bella tenda da 4 persone tutta per me, con un materassino morbido, cuscino, e coperta aggiuntiva in caso di bisogno. Ottima organizzazione.

Ora sono nella tenda/cucina, con i cuochi che lavorano a tutto spiano e i compagni d'avventura che si rilassano dopo una giornata così intensa.

 

Esperimenti di vita quotidiana a Cusco

La piazza principale di Cusco, un giardino circondato da chiese antiche e edifici perfettamente restaurati (almeno all'esterno).

Sabato 1 giugno 2013. In viaggio: giorno 94. In Perù: giorno 3.

Giugno è arrivato di soppiatto, senza farsi annunciare. Questa mattina, per la prima volta, ho pensato in termini concreti al rientro e a come organizzarmi per l'ultima parte del viaggio in Turchia. E' strano, mi sembra di essere in viaggio da sempre, come non avessi mai fatto altro, ma allo stesso tempo mi sembra di essere appena partito, come se il primo volo fosse stato ieri e non ormai tre mesi fa. Forse è meglio concentrarsi sul presente, senza troppe influenze dagli altri tempi.

Oggi ho visto due facce di Cusco, quella più sfacciatamente turistica, e quella legata invece alla vita di tutti i giorni. Per la parte turistica, non intendo dilungami molto, limitandomi alle fotografie. Come vita quotidiana, ho voluto provare a utilizzare alcuni servizi un po' particolari.

Per prima cosa, l'ormai classico rito della rasatura (quando possibile, lo provo in ogni tappa del viaggio). Poco distante dall'ostello, sulla strada che porta verso il centro, ci sono un paio di incroci letteralmente invasi da peluquerie, una dietro l'altra. Sono tutti saloni da parrucchiera unisex, apparentemente poco attrezzati per sbarbare. Ne ho girati almeno una decina senza successo, finché ho trovato il salone Marisa. Qui una parrucchiera giovane, dopo averci pensato un po', ha acconsentito, anche se dall'espressione facciale ho capito che fino a questa mattina aveva usato il rasoio solo per rifinire il collo dopo un normale taglio di capelli. Per fortuna è andata bene, si è mossa pianissimo, ha usato fiumi di schiuma, ha sudato molto più di me, e… non mi ha sgozzato, anzi. Prezzo, per quasi 50 minuti di lavoro, 2.80 euro.

Uno dei tipici edifici restaurati del centro. Colori chiari, terrazze di legno elaborate e dipinte con colori vivaci.

Secondo esperimento. I miei scarponi (Salewa Rapace GTX), dopo quasi due anni di eccellente servizio e circa 3000km a piedi su tutti i tipi di terreni, hanno cominciato a cedere. La suola si è aperta in punta, si sono formati dei taglietti nella parte superiore e ormai l'acqua entra facilmente. Essendo poi impermeabili, l'acqua non esce più, trasformandoli in piscine portatili. Teoricamente gli scarponi sarebbero ancora in garanzia, ma dubito che resti valida dopo un uso così intenso. Ecco quindi che mi sono messo alla ricerca di un calzolaio a Cusco. Per prima cosa, grazie a Renato, ho scoperto che in spagnolo si dice zapatero, poi mi sono avviato verso il centro e ho cominciato a chiedere. Prima sono finito in un negozio affacciato sulla strada, largo un metro e profondo mezzo, con un tipo seduto in terra fra suole e scarpe vecchie. Quando gli ho mostrato gli scarponi, mi ha detto qualcosa di incomprensibile, ma dal tono ho capito che non era in grado di fare la riparazione, forse gli mancavano i macchinari adatti. Girando a caso ho chiesto a un vecchietto che mi ha fatto cenno di seguirlo. Dopo un quarto d'ora a passo di lumaca siamo arrivati in un mercato all'aperto, pienissimo di gente arrivata dai paesini di montagna. Spettacolari le donne: bassissime, fianchi larghi e gambe minute, vestiti colorati, lunghi capelli neri con due trecce annodate dietro, cappello tipico, gonna e copri-polpaccio (calzini di lana privi della parte del piede). Non mi sono permesso di fotografarle, ma penso avrò modo di rifarmi i prossimi giorni. In un angolo, fra i venditori di arance e quelli di Inca Kola, la zona dei calzolai. Alcune baracche di lamiera, attrezzate però con tutto il necessario: colle, suole, macchina da cucire, stringhe, materiali vari. Il tipo della baracca numero 23 ha lavorato sui miei scarponi per almeno 40 minuti, ricucendo, limando, incollando… insomma, credo che abbia fatto il possibile. Costo: 1.70 euro!

Per il resto, l'acclimamento procede bene. Anche se il fiatone scatta istantaneo al minimo accenno di salita, non ho avuto alcun sintomo rilevante. Chissà, forse il mio corpo si ricorda ancora un po' dell'esperienza nepalese.

Il Cristo Blanco che domina la città dall'alto di un colle.

Sullo sfondo, dietro al Cristo Blanco, una cima che dovrebbe essere l'Ausangate (6384m).

 

Cusco, primo impatto

Venerdì 31 maggio 2013. In viaggio: giorno 93. In Perù: giorno 2.

Anche se non ho avuto particolari contrattempi, arrivare qui a Cusco è stata una vera odissea. Prima il volo da Santiago a Lima, poi il trasferimento in taxi attraverso la grigia capitale del Perù. A seguire, cinque ore d'attesa alla stazione degli autobus e finalmente, ieri alle 17:30 spaccate, la partenza con il bus extra-lusso. Come mi aspettavo, davvero sembra di essere in prima classe su un aereo, con tanto di assistente di volo, tablet personale per l'intrattenimento (film, videogiochi, internet), poltrona gigante che si trasforma in letto, più vari sistemi per garantire la sicurezza dei passeggeri e dei loro bagagli.

Poco prima di partire ho mangiato una generosa fetta di torta con crema di limone (pie de limon), una mattonata che ovviamente mi è rimasta sullo stomaco, garantendomi alcune ore di viaggio con nausea e sacchetto per il vomito sempre a portata di mano. Fortunatamente verso le 22 mi sono sentito meglio e, pur saltando la cena, ho dormito bene. Di tanto in tanto davo un'occhiata all'altimetro. Beh, alle 2 di notte eravamo a 4300 metri di quota, notevole.

Arrivati a Cusco verso le 14, mi sono subito diretto all'ostello. Come avevo anticipato nell'ultimo post, si tratta di un luogo speciale. Fondato da una signora italiana (Vittoria) nel 1992 come casa per l'accoglienza di bambine sfruttate come domestiche, nel tempo si è evoluto con altri progetti, scuole, attività, coinvolgendo numerosi volontari, molti dei quali italiani. L'ostello è uno dei modi con cui autofinanziano le varie attività del centro. Tutti i dettagli sul sito.

All'arrivo mi ha accolto Martina, ragazza di Firenze che segue molteplici attività, in particolare per quel che riguarda l'ostello e corsi di lingua italiana e inglese per le ragazze. E' stata molto gentile, mi ha portato subito in cucina e mi ha offerto il mate, tipica bevanda locale. Quando ho chiesto indicazioni su dove poter pranzare, immediatamente Martina e Vittoria mi hanno offerto un'ottima zuppa e un piatto di lenticchie. Grazie!

Poi Martina mi ha portato a visitare i vari edifici del centro, compresa una terrazza dalla quale si domina l'intera città di Cusco: uno spettacolo (vedi foto). Per una piccola somma è possibile cenare insieme agli altri volontari e agli ospiti del centro. Possibilità che ho colto al volo, buon appetito!

 

Valparaiso bis e progetti peruviani

La piazza principale di Valparaiso durante un momento di pausa dalla pioggia.

Martedì 28 maggio 2013. In viaggio: giorno 90. In Cile: giorno 3.

Tradizionalmente, i muri esterni delle case sono ricoperti di metallo ondulato, spesso decorato con murales o comunque con colori molto vivaci.

Quello di oggi sarà un post un po' particolare, con fotografie di Valparaiso scattate durante gli unici momenti asciutti del mio soggiorno in città, e testo dedicato ai primi giorni in Perù.

Fino a pochissimi giorni fa non avevo ancora pianificato nulla del viaggio in Perù, se non un generico desiderio di camminare in alta quota dalle parti di Cusco, per poi spostarmi sul lago Titicaca e sconfinare in Bolivia.

La grande pioggia di ieri e oggi mi ha permesso di stilare un programma di massima e di finalizzare le varie, complicate, prenotazioni. In ordine cronologico:

Giovedì 30 maggio 2013. Alle 11:05 arriverò all'aeroporto di Lima. Una volta sbrigate le formalità legate all'immigrazione mi sposterò, probabilmente in taxi, verso un posto chiamato Javier Prado, da dove partono gli autobus super-confortevoli della Cruz del Sur. Alle 17:30 prenderò l'autobus per Cusco. Durata prevista: 24 ore. Visti i confort di bordo, sulla carta comparabili con una prima classe in aereo, spero il viaggio non sia troppo male.

Venerdì 31 maggio – domenica 2 giugno. Tre giorni di acclimamento a Cusco (3300m), presso l'interessante ostello del progetto Caith, dedicato al recupero e al reinserimento di giovani ragazze uscite dal giro dello sfruttamento come domestiche (maggiori dettagli sul sito). L'ostello è gestito da italiani e penso parteciperò ad alcune iniziative di turismo responsabile.

Lunedì 3 giugno 2013. Partenza per il Salkantay Trek, organizzato da Alpaca Expeditions. Primo giorno, Cusco – Soraypampa – Wayracpunku.

Martedì 4 giugno 2013. Secondo giorno di cammino. Da Wayracpunku a La Playa.

Mercoledì 5 giugno 2013. Terzo giorno di cammino. Da La Playa a Llactapata.

Giovedì 6 giugno 2013. Quarto giorno di cammino. Da Llactaplata a Aguas Calientes.

Venerdì 7 giugno 2013. Gran finale a Machu Picchu e ritorno a Cusco.

I successivi dieci giorni sono ancora tutti da programmare.

Altro murales, nella zona chiamata museo a cielo aperto.

Sul muro di una casa.

 

Valparaiso inaspettata

Valparaiso, Cile. Fonte: Wikipedia.

Lunedì 27 maggio 2013. In viaggio: giorno 89. In Cile: giorno 2.

Valparaiso è una bella città di 275mila abitanti, affacciata sull'Oceano Pacifico, situata poco più di 120km a nord-ovest di Santiago del Cile. Come struttura assomiglia un po' a Genova; pianeggiante vicino al mare, poi una serie di colli disposti a ventaglio tutti intorno. Valparaiso ha la piacevole caratteristica che nel corso di un anno le giornate di pioggia si possono contare sulle dita delle mani: 6 o 7 giorni di acqua all'anno, o poco più. Oggi, lunedì 27 maggio 2013, è stata una di quelle sei. Non solo pioggia, ma una vera e propria inondazione, con acqua a secchiate, tombini esplosivi e tutte le strade trasformate in torrenti in piena.

Ieri sera all'aeroporto di Santiago è venuto a prendermi Emanuele, amico di vecchia data, ex-vicino di casa a Trento, nonché fratello di una mia ex storica. Dopo alcuni anni come precario della ricerca in Italia e in altre parti del mondo, si è spostato proprio a Valparaiso, dove lavora come professore universitario. E' davvero strano e piacevole essere accolti da una persona così familiare, pur trovandosi dall'altra parte del mondo. Grazie Emanuele! Dall'aeroporto all'ostello abbiamo dovuto usare una lunga sequenza di mezzi di trasporto: pullman, autobus, micro, metropolitana, e taxi collettivo. Se fossi stato da solo sarebbe stato un gran guaio, anche perché in alcuni casi è stata necessaria una contrattazione non banale in spagnolo.

Come scrivevo sopra, oggi l'ira del cielo si è scatenata su Valparaiso e non sono riuscito a scattare nemmeno una fotografia decente. Ho fatto solo una breve passeggiata fra le viuzze e i colli, bagnandomi come un pulcino. Interessanti le librerie nelle quali mi sono spesso rifugiato, così diverse da quelle alle quali siamo abituati: piccoli locali, traboccanti di libri, alcuni nuovi, alcuni vecchi, alcuni antichi, in tutte le lingue, sugli argomenti più disparati, con il libraio più interessato a raccontare storie (in ottimo inglese) che a vendere libri. Quando ho preso in mano Viaggio in Italia di Goethe, una vecchia edizione degli anni '60 in inglese, mi ha presentato il libro come fosse un suo caro amico e ha voluto leggermi la pagina dedicata a Trento. Peccato che la città non ci faccia per niente una bella figura.

Poi, Emanuele a pranzo mi ha portato in un localino semplice ma di qualità, dove ho potuto apprezzare la differenza di prezzi fra Rapa Nui e il “continente”. In due abbiamo speso meno della metà di quello che da solo spendevo sull'Isola di Pasqua… notevole.

Pomeriggio tranquillo e all'asciutto in ostello, raccogliendo informazioni sul prossimo viaggio in Perù. Prima certezza: ci saranno da fare parecchi viaggi in autobus, su strade capricciose, a colpi di 24 ore alla volta.

 

Rapa Nui costa nord

Sabato 25 maggio 2013. In viaggio: giorno 87. Isola di Pasqua: giorno 5. A piedi: giorno 28.

Rapa Nui costa nord: giorno 1.

Ecco Sebastian.

Ieri ho esplorato praticamente tutta l'isola, per lo meno dove è possibile e consigliato avventurarsi senza guida. La giornata di oggi è invece dedicata a percorrere a piedi la costa nord dell'Isola, la meno frequentata, praticamente senza sentieri. Mi affido a una coppia di fratelli del posto, Nicolas e Sebastian, ben noti per la loro attività di guide e per le loro doti di climbers che li hanno portati, fra l'altro, a lavorare appesi alle scogliere a monitorare animali e piante.

Mentre Nicolas si occuperà di portarci in auto al punto di partenza del cammino e di venirci a prendere al termine, la mia guida vera e propria oggi sarà Sebastian. Un ragazzo alto e magro, super barbuto, dai lunghi capelli neri. Ha studiato in Cile e si sta specializzando alla Colorado University (negli Stati Uniti) in gestione e monitoraggio delle aree protette. Suo nonno è stato uno dei più importanti archeologi di tutti i tempi per quel che riguarda l'Isola di Pasqua, tanto che il suo nome è famosissimo ovunque. Innamorato di questi posti, lo studioso ha sposato una donna locale, finendo poi per stabilirsi definitivamente qui.

La costa nord è una regione spettacolare. Il primo aspetto che colpisce l'attenzione è l'immensa distesa di pietre: un grande prato disseminato di sassi neri – di origine vulcanica – ordinatamente disposti ogni 40cm, in tutte le direzioni. Sono i resti dell'eruzione più recente, anche se si parla di almeno 2000 anni fa. I resti archeologici sono ovunque: petroglifi, villaggi, case a forma di canoa, grotte-abitazione, grotte-pollaio, altari e numerosi Moai caduti. Qui non ci sono le transenne, i cartelli, i ranger come nel resto dell'Isola. Tutto appare esattamente come decine o centinaia di anni fa, tanto che mi sembra di essere un archeologo che per primo scopre nuovi resti.

Siamo entrati in una grotta che forse era usata come abitazione, o forse come fortino, o forse come prigione. L'ingresso è strettissimo e bisogna strisciare per diversi metri, poi la grotta si apre, decorata con segni che rappresentano make-make, la principale divinità dell'Isola. Dappertutto, guardando bene per terra, è facile individuare antichi manufatti di pietra nera: lame di coltelli, scalpelli, punte di freccia. Un museo all'aria aperta.

Ci siamo arrampicati lungo la parete di roccia che si affaccia sull'oceano, alla ricerca di alcune grotte naturali, usate ancora oggi dagli isolani come riparo o come ritrovo. Quasi sempre si trovano ossa di diverso tipo, alcune sicuramente umane. In una delle grotte, dall'accesso particolarmente verticale, abbiamo trovato tantissime ossa umane. Sebastian mi ha detto che quando qualcuno sente che è arrivata la sua ora, si porta in questa grotta per morire in pace, a contatto con l'oceano.

Il cammino in sé è tecnicamente facile, anche se alcuni passaggi (non obbligatori) su roccia potrebbero impensierire chi soffre di vertigini. Pause comprese, abbiamo impiegato circa cinque ore, con arrivo alla bellissima spiaggia di Anakena. Ecco il percorso esatto su runkeeper.

Appena finito di strisciare per uscire dalla grotta.

Petroglifo tartaruga.

All'arrivo, sorpresa. Due amici cileni di Nicolas e Sebastian sono appena arrivati dal continente e, in loro onore, si fa una bella grigliata sulla spiaggia. Sono invitato anch'io, insieme ad altri amici nativi di Rapa Nui. Parlando con loro, mi sono reso conto di quanto le loro storie siano uniche. Quasi tutti, dopo un'infanzia sull'Isola, partono per fare esperienza all'estero, spesso anche parecchi anni, girando di paese in paese, imparandone le lingue, ricavandone una mentalità cosmopolita molto più avanzata di quella di tanti trentini.

Grigliata sulla spiaggia.

 

A zonzo per l’Isola di Pasqua

Alcuni dei Moai di Tongariki.

Venerdì 24 maggio 2013. In viaggio: giorno 86. Isola di Pasqua: giorno 4.

Alcune teste abbandonate e mai arrivate a destinazione.

Che giornata. Finalmente bel tempo e la possibilità di muoversi in bici senza timore di prendersi un acquazzone in testa. Si può dire che, a parte quanto già visitato ieri, oggi ho girato tutta l'isola, provato tutte le strade primarie, secondarie, e anche alcuni pezzi di sentiero.

Non voglio dilungarmi in digressioni storico / artistiche, anche perché questa sera devo prepararmi per il cammino di domani, quindi mi limiterò alle fotografie e alle relative didascalie.

Parete del vulcano Rano Raraku, dove venivano scavati i Moai. Ce ne sono tantissimi dispersi lungo il pendio.

Molto grandi, ma mai finiti, riposano ancora parzialmente attaccati alla roccia d'origine.

Altre teste.

C'è però un aspetto che ci tengo a sottolineare. Da quanto visto in libri e documentari, ho sempre pensato che i Moai fossero delle gigantesche teste infisse nel terreno. In realtà, non è proprio così. Le famose fotografie delle teste che sono entrate nell'immaginario comune sono in realtà state scattate nei pressi del sito di lavorazione, una specie di cava / officina. Tutte le centinaia di Moai che affollano l'Isola sono stati scavati direttamente nelle pareti di tufo del vulcano Rano Raraku, per poi essere staccati e trasportati fino a destinazione. Sulle pareti del vulcano riposano tutta una serie di Moai falliti; alcune grandi teste che probabilmente si sono staccate dai corpi durante il trasporto, alcuni pezzi caduti. Alcuni dei Moai più grossi mai costruiti non sono mai arrivati a destinazione e sono rimasti nella cava, forse a causa delle difficoltà del trasporto o per il declino della civiltà dell'Isola a inizio '700. Insomma, i Moai veri sono dei corpi interi, e non solo delle teste, come invece pensavo fino ad alcuni giorni fa.

Ecco il resto delle foto.

Il lago del cratere del vulcano Rano Raraku.

Bellissimi e impressionanti, i Moai di Tongariki. Nel 1960 erano caduti a causa di uno tsunami. Nel 1996 è terminata l'opera di restauro.

L'unica vera spiaggia balneabile dell'Isola di Pasqua. Si chiama Anakena ed è bellissima.

Sito archeologico di Ahu Akivi. Gli unici Moai che non danno le spalle all'oceano. Pare rappresentino i 7 mitici scopritori di Rapa Nui che, una volta tornati indietro (da qualche parte in polinesia), hanno fornito i dati di navigazione necessari alla prima migrazione.

No, questi sono moderni. Trovati nel parco di una villa.

 

Vulcani, isolotti e uomini uccello

Ranu Kau, il cratere del vulcano ORongo.

Giovedì 23 maggio 2013. In viaggio: giorno 85. Isola di Pasqua: giorno 3.

Considerato che intorno all'Isola di Pasqua ci sono 2000km di oceano, sembra strano che degli uccelli migratori passino regolarmente di qui. Esiste invece una particolare razza di volatili che ogni anno, verso metà settembre, arriva da queste parti per nidificare. Non vanno sull'isola principale, ma su una minuscola isoletta, poco più di uno scoglio, che si trova a poco più di un chilometro dalla costa sud-ovest.

Ecco l'isoletta Motu Nui vista dal bordo del cratere.

Chiamata Motu Nui, l'isoletta è stata importantissima per gli abitanti dell'isola. Ispirati da questo evento periodico, nei secoli hanno sviluppato una religione che prevedeva l'esistenza di uomini uccello, corpo di uomo, testa d'uccello. Ogni anno, fino al 1867, i capi tribù facevano una gara molto particolare. Verso i primi di settembre si riunivano in un luogo sacro in cima al cratere del vulcano ORongo, insieme ai sacerdoti agli altri abitanti di rango elevato. Dalla cima del vulcano parte una parete ripidissima a picco sul mare. I partecipanti dovevano scendere la parete senza sfracellarsi (non era raro che capitasse), nuotare i 1400 metri fino a Motu Nui, e attendere ben nascosti l'arrivo degli uccelli migratori. L'attesa poteva durare pochissimo, come anche settimane. Lo scopo del gioco era rubare un uovo appena deposto e tornare per primi alla base. Il vincitore godeva di enormi onori, diventava una sorta di incarnazione del dio uccello, e per un anno otteneva potere assoluto su tutta l'isola.

Pioveva...

Per oggi avevo previsto di visitare parecchi siti archeologici dell'Isola, ma dopo la prima escursione mi sono dovuto fermare causa pioggia estrema. Partendo dalla città, ho risalito a piedi il vulcano ORongo, fino ad arrivare ai resti del luogo sacro da dove iniziava la gara. Una piacevole passeggiata, priva di difficoltà, anche se alcune anziane signore stavano quasi collassando per l'immane salita di 300 metri.

Parte del cammino passa esattamente sul bordo del cratere, regalando viste alquanto bizzarre. Il fondo del cratere è infatti una via di mezzo fra una palude e un lago (vedi foto sopra al titolo). Mi ricorda la palude che Frodo, Sam e Gollum devono attraversare per arrivare alle porte di Mordor. Sto parlando del Signore degli Anelli, ovviamente.

Vista la pioggia, ho passato il pomeriggio a raccogliere informazioni su quali cammini fare in Perù. Ho trovato percorsi che al momento mi stanno decisamente entusiasmando, in particolare mi attira il giro dell'Ausangate. Ora provo a contattare alcune agenzie.

Sperando nel bel tempo, domani conto di visitare il resto dell'isola.

Hanga Roa, l'unica città dell'Isola, vista dalle pendici del vulcano.

 

Rapa Nui

Mercoledì 22 maggio 2013. In viaggio: giorno 84. Isola di Pasqua: giorno 2.

Arrivato in uno dei posti più sperduti del mondo, anzi, forse proprio il più sperduto. Il luogo abitato più vicino è infatti l'Isola di Pitcairn a 2000km di distanza, che comunque conta solo 48 abitanti. Poi, la costa del Cile a 3700km e Tahiti a oltre 4100km. Un fenomeno curioso che ormai osservo su me stesso da una decina d'anni, è che quando viaggio, ovunque arrivi, riesco immediatamente a battezzare il posto come “casa“. Anche ora, dall'altra parte del mondo rispetto a Trento, con migliaia di chilometri di oceano tutto intorno, mi sento a mio agio, come se appunto fossi in un luogo a me completamente familiare. Magari succede a tutti, però ricordo che fino al 2003 per me non era così.

Il primo impatto ieri pomeriggio è subito stato positivo. Qui si parla spagnolo e gli abitanti sono estremamente espansivi e aperti… pure troppo. Incredibile la signora di mezz'età che già sull'aereo non stava nella pelle all'idea di tornare a casa, continuava a salutare gli altri passeggeri (a casaccio, me compreso), urlando la sua gioia. Poi, come nulla fosse, ogni 10 minuti prendeva l'apposito sacchetto e ci vomitava dentro come un'indemoniata. Ai nostri sguardi preoccupati rispondeva con una nuova carica di saluti e sorrisi, con la bocca ancora gocciolante di vomito. Non ha mai smesso per tutte le quattro ore abbondanti di volo.

Verso ora di cena ho casualmente conosciuto altri due viaggiatori solitari e abbiamo deciso di mangiare insieme. Si tratta di Ryan, più o meno la mia età, americano di New York, in passato gran viaggiatore (anni e anni sulle strade del mondo) che ora si accontenta di qualche breve gitarella, come le chiama lui, come se l'Isola di Pasqua fosse a due passi da New York. L'altro amico è Claudio, cileno di Santiago del Cile, meccanico dell'unica compagnia aerea che collega l'Isola di Pasqua al resto del mondo. Visto che sugli aerei della compagnia vola quasi gratis e che a Santiago fa già molto freddo, di tanto in tanto viene qui a farsi qualche giorno di vacanza, come fosse la spiaggia sotto casa. Entrambi molto simpatici e rilassati, ho passato una piacevole serata, fra birre cilene e piatti interessanti. Prima di tutto, gran degustazione di ceviche, la versione sud-americana del poisson cru (pesce crudo) assaggiato a Tahiti. Pezzetti di tonno crudo marinato nel succo di lime, condito con coriandolo e latte di cocco, buonissimo. Poi ho provato un pesce locale cotto con cipolle e l'immancabile cocco, servito su una base di purè di taro, tubero molto diffuso anche in Polinesia, simile alla patata. Per finire ho assaggiato una bibita alcolica che credo incontrerò ancora molto spesso in sud-america, il pisco sour, a base di liquore pisco, succo di limone, zucchero e albume d'uovo. Buono e piuttosto forte, anche se non ho apprezzato molto la presenza dell'albume.

Note sulla costruzione dei Moai.

Rarissimo Maoi femmina, conservato al museo.

Fra ieri e oggi ho gironzolato per i siti archeologici più vicini all'unica città dell'isola, avvistando già le mie prime formazioni di Moai, le famose teste di pietra. Ho preso anche una bicicletta a noleggio e fra domani e dopodomani conto di coprire ogni metro di strada percorribile sull'Isola. Pare che fra bellezze naturalistiche (costa rocciosa, spiagge bianche, crateri vulcanici, ecc.) e siti archeologici ci sia una densità incredibile di meraviglie. Per sabato, ho invece trovato una guida del posto che mi porterà a fare un trekking impegnativo e pochissimo frequentato lungo tutta la costa nord. Volevo andarci per conto mio, ma mi hanno detto che non è segnato e che è pericoloso andarci da solo. Mah, non ne sono molto convinto, la vegetazione sull'Isola è scarsa e il terreno sembra facile, spero non sia solo una mossa di marketing per dare lavoro alle guide. Vedremo.

Un coppia di indigeni... beh, non proprio, sono finito nel mezzo di un set fotografico e ho rubato uno scatto.

Anch'io voglio una lapide così! Trovata nel (moderno) cimitero dell'isola.

Nota generale

Ho aggiornato la pagina di riepilogo Mondo2013. Oltre alla solita lista dettagliata giorno per giorno, paese per paese, di tutti i post dedicati al viaggio, ho aggiunto una sezione dedicata ai vari cammini che ho percorso. Grazie ai suggerimenti che mi hanno mandato alcuni lettori, mi sono accorto che non era immediato capire quali post fossero dedicati a ciascuna esperienza a piedi. Spero che ora risulti più chiaro. Ecco l'indirizzo per esteso: https://www.miczanin.it/apiedi/mondo2013