Mappa ritagliata da Lonely Planet
Sabato 18 maggio 2013. In viaggio: giorno 80. A Tahiti: giorno 8. A piedi: giorno 26.
Traversata di Tahiti Iti: giorno 1, da Teahupoo al campo bivacco.
Inizio del cammino, dal giardino di una guesthouse, direttamente nella giungla.
Pensavo che le dicerie sulle difficoltà delle montagne di Tahiti fossero esagerazioni, ma mi devo ricredere.
Grazie ad una fortunata serie di coincidenze e al fondamentale aiuto di Marurai, il gestore del Punatea Village, sono riuscito ad aggregarmi a un gruppo di camminatori del posto, con l'obiettivo di fare la traversata integrale di Tahiti Iti. Organizzazione a cura di Tahiti Reva Trek, un'agenzia di guide locali coordinata dalla brava ed energetica Angelina. Le guide pensano un po' a tutto: trasporti (auto + bus + barca), cene, colazioni, allestimento del campo bivacco, oltre ovviamente ad accompagnare e a curare i partecipanti lungo il cammino.
In mezzo alla pioggia, ecco una guglia piuttosto famosa, detta Naso di Chirac. Non sono sicuro di aver capito bene, ma il nome storico dovrebbe essere traducibile come Il pene dell'eroe.
Il gruppo è molto numeroso – quasi 30 persone – e si respira una certa eccitazione; il cammino è infatti fra i più impegnativi dell'isola e viene percorso non più di tre o quattro volte all'anno. Sono l'unico vero turista, l'unico a non parlare francese. Quasi tutti sono però francesi di Francia che, per i più disparati motivi, si trovano a lavorare a Tahiti, alcuni solo per alcuni mesi, altri a tempo indeterminato. Tante storie di vita interessanti e mai banali.
Fortunatamente una delle guide ha il compito di occuparsi dello straniero. Si chiama Chen, tahitiana da tre generazioni, di origini cinesi, ha vissuto in Nuova Zelanda per un anno e dispone di un ottimo inglese. Oltre a tradurre in tempo reale le indicazioni di Angelina, mi ha regalato preziose informazioni sull'isola, sia dal punto di vista naturalistico (piante, animali, frutti commestibili), sia da quello antropologico (genti, lingue, tradizioni). Oltre ad Angelina e Chen ci sono un'altra decina di persone dell'agenzia, fra guide e aiutanti. Non male, direi.
Chen, a sinistra in basso, durante una pausa.
Come spesso accade nelle zone dell'interno, le nuvole e la pioggia dominano la scena. Oggi ha piovuto di continuo, una danza frenetica fra acquazzoni e botte di sole. Il santo poncho non si può mai togliere, ovviamente, ma durante i momenti di sole diventa una terribile sauna portatile.
Qualche numero. Otto ore di cammino per poco più di 10 20 chilometri effettivi. Com'è possibile? Semplice, il sentiero non esiste. Non esiste nemmeno una traccia degna di questo nome. Passiamo nel mezzo della giungla, fra colpi di machete, seguendo i segni incisi sulla corteccia degli alberi da Angelina qualche tempo fa. L'idea di base della traversata è di risalire i torrenti fino a scavalcare un passo fra i monti, dormire nei dintorni, e il giorno dopo infilarsi in un'altra valle sempre seguendo il corso di altri torrenti.
Momento di pausa con nuotata.
A pranzo.
Innumerevoli, davvero innumerevoli, i guadi e i tratti da fare direttamente immersi fin quasi in vita. Quando non si cammina in acqua, il terreno risulta estremamente sconnesso e scivoloso. Radici, sassi, rocce, tutto ricoperto di muschio verde, appoggiati su uno strato di fango viscido, con la stessa consistenza e viscosità del… catarro. Inevitabili le cadute; la sera tutti abbiamo collezionato qualche botta, tagli, contusioni. Io me la sono cavata con un gomito sbucciato e una caduta in acqua (zaino, poncho e tutto…), ma c'è a chi è andata peggio. In foto, le cure prestate a un signore che cadendo ha avuto la sventura di aggrapparsi a un bambù affilato, procurandosi un taglio piuttosto profondo sul palmo della mano.
Primo soccorso lungo il guado.
Ad un certo punto della salita abbandoniamo il torrente, ormai ridotto a rigagnolo che spunta dalle rocce, per prendere la direttissima: duecento metri di dislivello su una parete di rocce e fango. Attrezzata con (provvidenziali) corde fisse, in molti punti bisogna procedere a forza di braccia, anche perché i piedi non riescono a fare presa sul fondo troppo viscido. Una gran fatica.
Dall'altra parte del passo, ancora quasi tre ore di discesa sul solito terreno sconnesso e siamo arrivati al campo. Molto bello, una serie di teloni per proteggere dalla pioggia, montati su una struttura di bambù costruita in giornata usando materiali trovati nei dintorni. Un bel fuoco, un telone cucina e, per alcuni fortunati, una sorta di palafitta di bambù dove dormire la notte. Io mi sono dovuto accontentare di un letto di foglie, sempre comunque protetto da uno dei grandi teloni. L'atmosfera, mentre scrivo sul taccuino, è allegra e cooperativa, anche se quelli che oggi hanno fatto più fatica ora stanno già dormendo, completamente devastati dallo sforzo.
Cucina del campo bivacco.
Le guide stanno preparando una cena molto abbondante, con pietanze tradizionali di Tahiti. C'è il pesce crudo (che poi crudo non è), il frutto del pane, il corned beef, bistecche di Marlin alla piastra, e molto altro. In questo momento ho una fame terribile… spero sia pronto presto.
La tappa di domani dovrebbe essere più breve e più facile di quella odierna, anche se ci saranno i due guadi più profondi dell'intera traversata. Speriamo bene, anche se devo dire che dopo oggi non ho più paura di niente, in particolare… di bagnarmi.