Venerdì 5 – Martedì 9 aprile 2013. In viaggio: giorni 36 – 40. In Thailandia: giorni 11 – 15.
Caldo, sole, spiagge, mare, riposo. Queste le parole chiave degli ultimi giorni. Alla fine ho scelto l'isoletta tropicale di Koh Mak, ancora non toccata dal turismo di massa, ma nemmeno troppo selvaggia. L'ho scelta anche per le dimensioni: non così piccola da risultare noiosa, non così grande da essere fuori portata per un pedone camminatore. Da Bangkok, cinque ore di autobus molto tranquille, più cinquanta minuti di speedboat.
Come punto base ho trovato il Bamboo Hideaway Resort, un gruppetto di magnifici bungalow in bambù, costruiti in una zona centrale ed estremamente tranquilla. Ciliegina sulla torta, i gestori sono una coppia di italiani, Francesca e Massimo, che in questi giorni hanno fatto di tutto per coccolarmi e farmi sentire a casa. Dopo oltre un mese, ho mangiato la mia prima pastasciutta, in tutto e per tutto italiana, dagli ingredienti al cuoco (Massimo).
Pur essendo tutti i luoghi dell'isola a portata di pedone, non esiste da nessuna parte una buona cartina aggiornata e affidabile. Francesca e Massimo mi hanno prestato una vecchia mappa del 2008, discretamente dettagliata, anche se piena di errori. Disponibile in unico, rarissimo esemplare (!!), è arricchita dalle loro note scritte a mano. Sabato mattina presto ho fatto una corsetta con cartina (tipo orienteering), ma ho combinato due guai. Prima di tutto, nonostante la protezione in plastica, ho bagnato di sudore il bordo della preziosa reliquia (disgrazia!). Poi mi sono perso nella giungla… fortunatamente, dopo alcuni giri a vuoto, ho incrociato una grossa strada non segnata che mi ha riportato in zona nota.
In questi giorni ho girato a piedi praticamente tutti gli angoli dell'isola, esplorando le spiagge, e provando nel frattempo i migliori ristoranti della zona. Camminando dove solitamente i turisti non passano, ho avuto modo di studiarmi con calma le principali coltivazioni della zona: ananas, altissime palme piene di noci di cocco, e grandi distese di alberi della gomma, tutti regolarmente incisi e dotati di raccoglitori per il loro prezioso fluido.
Spiagge
La più bella è senz'altro Turtle Beach, nella parte nord dell'isola. Sembra di essere in un film, con palme e piante tropicali, sabbia bianca finissima, mare pulito, acqua più che calda. Sarà che per raggiungerla è necessario camminare lungo un sentiero nella giungla, ma questa spiaggia è poco frequentata e quando ci sono stato io, ero l'unico essere umano a perdita d'occhio.
Non tutte le altre spiagge sono sullo stesso livello. Alcune, pur essendo potenzialmente fantastiche, hanno la sfortuna di trovarsi allo sbocco di correnti marine che trasportano rifiuti dalla terraferma e dalle altre isole circostanti. Visto che sono ben pochi i resort che puliscono con regolarità, non è raro trovare montagne di scatolame, plastiche e altre schifezzuole. Ci sono comunque lunghi tratti perfettamente puliti e le spiagge che meritano una visita sono numerose.
Ristoranti
Per prima cosa, ho mangiato benissimo al ristorante del resort, gestito naturalmente da Francesca e Massimo. Si chiama La Dolce Vita e presenta sia piatti italiani, sia piatti thailandesi. Di italiano ho provato solo la già citata pastasciutta, mentre ho esplorato varie voci dell'ampio menù Thai. Slurp!
Su suggerimento di Francesca, ho anche provato i due estremi della ristorazione dell'isola. Da un lato, un localino tipo street-food nei pressi del molo, con quattro tavoli, uno dei quali uno usato come cucina. Dall'altro, il miglior ristorante di pesce dell'isola. In entrambi i casi, esperienze culinarie molto meritevoli.
Progetti per il futuro
Domani, rientro a Bangkok (per l'ultima volta). Poi, dopodomani, viaggio in aereo verso Sydney. Riprenderò a scrivere direttamente dall'Australia. Alla prossima!