Antipasto di Via Licia

La Via Licia inizia qui.

Lunedì 24 giugno 2013. In viaggio: giorno 117. In Turchia: giorno 6. A piedi: giorno 34.

Via Licia: giorno 1. Da Ovacık a Faralya, 13km.

Il primo dei tanti segnali bianco-rossi che identificano la Via Licia.

Ho ricominciato a camminare, evviva. La Via Licia a piedi è l'ultimo capitolo del mio giro del mondo, ma fortunatamente è bello ricco di pagine. Oltre 500 chilometri, da Ovacık a Hisarçandır, lungo la costa e attraverso i monti dell'antica regione della Licia.

Come ho già scritto, purtoppo il libro-guida ufficiale in inglese è esaurito e mi dovrò quindi arrangiare con la versione in turco. La lettura della mappa è universale, ma purtroppo i capitoletti dedicati alle varie tappe risultano quasi del tutto indecifrabili. Intuisco che il testo è ricco di indicazioni del tipo “dopo la fontana, gira subito a destra per il sentiero poco visibile, non lasciarti ingannare da quello più largo“. Tuttavia, grazie al mio fido GPS, conto di non perdermi troppo spesso. Peccato invece per i riquadri con le indicazioni storiche, particolarmente importanti per apprezzare al meglio i tanti siti archelogici che incrocerò lungo il cammino.

Come arrivare a Ovacık, punto di partenza della Via Licia

Esistono varie soluzioni possibili, ma in questo paragrafo descrivo solo quella che ho scelto. Da Istanbul SAW ho volato fino all'aeroporto di Dalaman, una faccenda di una cinquantina di minuti. Dopo l'arrivo di ciascun aereo, dall'aeroporto di Dalaman partono due autobus: uno porta a Fethiye, circa 70km più a est, l'altro… boh, non importa. Il biglietto costa circa 4 euro, anche se i tassisti vampiri appostati all'uscita del terminal la raccontano diversa (nell'ordine: l'autobus non esiste; non parte; parte fra due ore; costa tanto; è lento…). Vogliono ovviamente convincere i turisti a muoversi in taxi, per la modica cifra, fino a Fethiye, di 40 euro.

Da Fethiye a Ovacık ci sono 7km di strada in salita. Visto che il mio albergo si trovava in una stradina secondaria, ho optato per un taxi. Può darsi esistano altre opzioni, ma non ho indagato oltre. Il mio tassista è riuscito a perdersi e a perdere tempo, portando il tassametro fino a 20 euro. Quando è arrivato alla piazza principale del paese, punto di partenza del cammino, il tassametro segnava 12 euro.

Prima tappa

Fra colazione tardiva e alcune faccende da sistemare, sono partito tardi, molto tardi, verso le 9, quando il sole già cominciava a picchiare. Su terreno facile e aperto, il primo tratto sale piuttosto ripido, con stupendi scorci sulla spiaggia di Ölü Deniz (vedi foto). La mappa molto opportunamente segnala tutte le fonti d'acqua e mi consola notare che in buona parte dell'intera Via Licia ce n'è una ogni pochi chilometri. Si tratta quasi sempre di vere e proprie fontane e sembra che al momento non ci sia penuria d'acqua.

Spiaggia di Ölü Deniz.

Raggiunto il punto più alto dopo un paio d'ore di sudore estremo (devo bere mezzo litro d'acqua ogni 30 minuti), inizia una lunga e piacevole discesa che porterebbe fino al mare. Verso ora di pranzo però passo da Faralya, circa 400m di quota, tranquillo paesino con vista mare. C'è una bella pensioncina, una brava cuoca, giardino ombreggiato con comodi divanetti… insomma, questa notte mi fermo qui. Tappa breve quindi, ma va bene così. Nessuno mi corre dietro e, effettivamente, il libro segnala come primo punto-tappa proprio Faralya.

Sul percorso non ho incontrato nessuno, siamo fuori stagione per camminare lungo la Via Licia. Poco fa sono però arrivati due ragazzi francesi, anche loro con zainoni. Hanno pochissimi giorni a disposizione e quindi non percorreranno tutta la via, ma credo che avremo occasione di conoscerci meglio a cena e, forse, i prossimi giorni.

Fiori sul sentiero.

 

Turista di giorno, in fuga di notte

Sabato 22 giugno 2013. In viaggio: giorno 115. In Turchia: giorno 4.

Ieri ho dedicato tutto il giorno alla preparazione del cammino. Ho scaricato mappe, percorsi, dettagli, informazioni. Ho studiato un po' di lingua turca sul frasario, ed è subito arrivata la sera.

Oggi invece ho fatto il turista puro. Mattina a visitare la Hagia Sophia, pranzo in locale tipico, pomeriggio sull'autobus scoperto in giro per la città, accompagnato dalle spiegazioni della guida. Confermo le impressioni iniziali sulla bellezza della città, da tutti i punti di vista: architettonico, naturale, antropologico, storico. Qui si respira la storia – quella vera, quella antica – con un'intensità che finora ho sentito solo a Roma. Impressionante.

Contrasto fra mosaico di Maria e gigantesco pannello calligrafico islamico.

Come al solito, evito di dilungarmi in spiegazioni da turista sulla città, limitandomi ad alcune fotografie centrate soprattutto su Hagia Sophia e i suoi famosi mosaici.

Qualche nota invece sul dopo cena. Già dal tardo pomeriggio ho notato che le proteste si sono spostate (o si sono allargate, non so) da piazza Taksim alla via Istiklal Caddesi, quella che percorro N volte al giorno, avanti e indietro dall'albergo. Ho inizialmente l'impressione che ci siano due diversi cortei, uno a favore e uno contrario al governo, ma non ne sono certo, difficile capire gli urli in turco, per di più coperti da una selva di fischi. Bella la naturalezza e i sorrisi dei manifestanti, che si muovono come se si trattasse di una festa pacifica, con canti e balli. Curiosi anche i venditori ambulanti di mascherine antigas e la folla equipaggiata con occhiali da sub, mascherina e collana di fiori in testa.

Dopo cena stavo tornando all'albergo quando, all'improvviso, tutta la folla che avevo davanti – centinaia e centinaia di persone – ha cominciato a correre alla disperata nella mia direzione. Sono rimasto interdetto: perché mai dovrei mettermi a correre anch'io se non so il motivo che ha scatenato il panico? Una commessa del negozio di intimo femminile ha risolto il dilemma. Mi ha fatto cenno di entrare e mettermi in salvo. Nel giro di pochi secondi sono entrate anche due ragazze e una famiglia con figli adolescenti. La mamma tremava tutta, sguardo terrorizzato e sorriso forzato a 32 denti, in evidente stato di shock. Ci siamo chiusi dentro, abbiamo sigillato le fessure della porta con dei foulard e abbiamo aspettato. La gente continuava a fuggire all'impazzata, poi ho capito il perché. Un enorme furgone bianco avanzava, spruzzando una sostanza bianca. Dietro, un drappello, nemmeno tanto numeroso – una cinquantina al massimo – di poliziotti in tenuta anti-sommossa. Procedevano piano e tranquilli. Dopo qualche minuto la situazione mi sembrava abbastanza sicura per uscire e pian pianino mi sono portato in albergo. Si sentiva ancora qualcosa di pungente nell'aria, soprattutto in fondo alla gola e sugli occhi, ma ormai l'effetto era scemato.

Domani partirò alla volta di Oludeniz, punto di partenza del cammino. Dormirò in un alberghetto (già prenotato), con l'idea di iniziare a camminare lunedì mattina. Non vedo l'ora di essere in mezzo alla natura.

Particolare del Deesis Mosaic.

Mosaico della presentazione, all'ingresso di Hagia Sophia.

Una strana moschea avvistata nel pomeriggio. Sembra appoggiarsi su un mucchio di macerie, accanto a edifici fatiscenti...

 

Gioie e dolori a Istanbul

Giovedì 20 giugno 2013. In viaggio: giorno 113. In Turchia: giorno 2.

Istanbul è una città bellissima. Il mare in tutte le direzioni, le colline verdi, gli edifici bianchi ed eleganti… dal punto di vista del paesaggio naturale mi ricorda le bellezze di Sydney. Ma dal punto di vista storico, non c'è confronto, ovviamente. Istanbul è ricchissima di storia; passeggiando da un quartiere all'altro sembra di muoversi a Venezia, a Roma, a Firenze, insomma, a Istanbul. E' la prima volta che visito una città dove le chiese sono sostituite da innumerevoli moschee, grandi edifici con cupole multiple e due alte torri puntute. Il mio albergo è in ottima posizione, lungo Istiklal Caddesi, la via pedonale più frequentata della città. A qualunque ora del giorno e della notte è piena di vita, musica, gente, famiglie, giovani e vecchi, tanti colori e profumi nuovi.

I disordini e le proteste delle ultime settimane, pur continuando nella vicina (circa 1km) piazza Taksim, da qui sono invisibili e fiumi di gente e turisti proseguono le loro attività come nulla fosse. L'autobus che collega l'aeroporto al centro passa proprio da piazza Taksim, così dal finestrino ieri ho potuto vedere i manifestanti e i poliziotti schierati in tenuta anti-sommossa. La situazione sembrava pacifica e calma, anche se ovviamente si respirava una certa tensione.

Dovendomi dedicare alla preparazione del cammino, ho limitato le mie attività da turista. Oltre alla già nominata via Isiklal, ho esplorato brevemente la parte sud della città (Sultanahmet) e ho fatto un giro in barca sul Bosforo. Spero di avere il tempo di visitare alcune della altre bellezze della città nei giro dei prossimi due giorni.

Il mio obiettivo di giornata era di comprare la guida ufficiale alla Via Licia. Un libretto intitolato Lycian Way, scritto da Kate Clow. Purtroppo pare sia ormai fuori catalogo e non l'ho trovato in nessuna delle librerie convenzionate. Per fortuna ho scovato l'ultima copia rimasta della versione in turco, aggiornata al 2010, che include la fondamentale mappa multilingue e i profili altimetrici di ciascuna tappa. Difficilmente riuscirò a decifrare il testo, ma spero di non averne troppo bisogno. Per sicurezza sto scaricando le tracce GPS di tutto il percorso e le mappe di OpenStreetMap, da consultare sul mio smartphone usando OruxMaps. Ho letto che i segni rossi e bianchi lungo il percorso sono poco visibili e che, senza GPS, è quasi inevitabile perdersi di continuo. Speriamo bene.

Veniamo ora ai dolori di Istanbul. Pare che uno sport nazionale, particolarmente praticato in città, sia quello di spennare i turisti-polli. Io oggi mi sono calato nel ruolo di pollo. Due volte.

Nel primo caso, piuttosto innocuo, il colpevole è un cameriere della catena di ristoranti Konak. Ho ordinato una pida, una specie di pizza in stile turco. Visto il pollastro, il cameriere ha cominciato a raccontarmi che la pida è una cosa piccolissima, del tutto inadeguata come piatto principale. Mi ha però proposto la soluzione: me ne servirà una più grande, apposta per me. Ho acconsentito e gustato con piacere la presunta pida gigante. Al momento del conto mi sono però accorto che, invece di 11 lire turche, la mia pida speciale ne costava 33. Ho pagato senza fiatare, anche se la cosa mi sembrava sospetta; evidentemente la pida da 11 lire dev'essere minuscola… A cena ho mangiato in un altro punto della stessa catena, ordinando apposta una pida standard da 11 lire. Con una certa sorpresa ho scoperto che era esattamente delle stesse dimensioni di quella mangiata a pranzo. Sono allora tornato al ristorante incriminato, dove ho chiesto un colloquio con il gestore. Gentilissimo, ha convocato il cameriere furbastro e, anche se tutti abbiamo capito il trucco, hanno cercato di metterci una pezza inventando un sacco di scuse (grande uguale, ma il ripieno era il triplo…). Insomma, non sono riuscito a farmi rimborsare il maltolto. Poco male, ho comunque imparato una lezione, perdendo tutto sommato pochi euro (22 lire turche = 8.62 euro).

Molto ma molto più costosa invece la lezione che ho ricevuto nel pomeriggio. Me ne andavo per i fatti miei dalle parti di Sultanahmet, quando un ragazzo, vestito con una maglietta raffigurante la bandiera australiana, ha notato la mia t-shirt australiana. Mi ha fermato e abbiamo chiacchierato un po'. A causa della sua maglietta, non ho sniffato nulla di sospetto. Ad un certo punto mi ha invitato qualche metro più sopra, con la scusa di darmi il suo biglietto da visita, rimasto nella borsa della sua moto. La moto era parcheggiata fuori da un negozio di ceramiche tradizionali e, come mi sono avvicinato, sia il ragazzo, sia il gestore mi hanno invitato a entrare un attimo. Superata la soglia, ho subito capito che i due erano d'accordo e, prima di riuscire a reagire, mi sono trovato seduto su un divanetto, con un bicchiere di the fumante in mano, circondato da gestore, ragazzo, e tre assistenti premurosissimi. Nonostante la mia premessa che non so nulla e che non me ne importa alcunché delle ceramiche tradizionali turche (pura realtà), abbiamo iniziato una specie di gioco teso ad individuare quale fra i piatti presenti mi piacesse di più. A questo punto avrei fatto meglio a forzare la situazione e andarmene, ma la lezione non era ancora arrivata e la curiosità ha prevalso. Ad un certo punto è successa una cosa strana. Il gestore mi ha mostrato la pistola che tiene nascosta sotto la camicia, con la probabile intenzione di impressionarmi (o forse di minacciarmi indirettamente?). L'unica cosa che ho pensato è che sembrava finta, di plastica. Il tipo, visto che non ho avuto alcuna reazione, né di ammirazione, né tantomeno di paura, ha subito commentato che gli italiani sono tutti mafiosi, per forza non si spaventano quando vedono una pistola! Per farla breve, individuato un piatto, abbiamo cominciato a contrattare. L'ho presa come un gioco, per vedere come funziona, anche se ancora non avevo alcuna intenzione di comprare il piatto, tanto più che l'ho scelto praticamente a casaccio. La domanda che mi continuava a fare era: “secondo te quanto vale?”. E io rispondevo, leggendo la domanda come un puro esercizio. Il significato reale però era più impegnativo: “quanto ti impegni a pagare per questo piatto?”. Ho capito la sottile differenza troppo tardi, dopo numerose iterazioni, alcune delle quali piuttosto divertenti e patetiche, quasi una commedia. Da un prezzo iniziale di 375 euro siamo arrivati a 220, dopo quasi un'ora passata sul divano del negozio a bere un the dopo l'altro. Me ne volevo andare ad ogni costo e mi sono sentito costretto, almeno psicologicamente, a comprare il maledetto piatto. Una volta raggiunto l'accordo, brindisi tradizionale a base di raki, bibita alcolica locale simile all'ouzo greco. Ultima sorpresa, ho pagato con la carta di credito in lire turche e il tipo, casualmente, ha sbagliato la conversione facendomi pagare una cifra equivalente a 250 euro. Me ne sono accorto appena uscito dal negozio e, alle mie proteste, si è scusato profondamente ma, invece di restituirmi i 30 euro rubati, ha insistito pesantemente per aggiungere all'acquisto un altro piatto di valore equivalente. Troppo stanco per protestare ulteriormente, ho accettato, anche se mi resta parecchio amaro in bocca. Complessivamente, una lezione pesante sul portafogli, ma comunque interessante dal punto di vista culturale. Anche se ora mi pesa essere stato pollo, credo che in un (lontano) futuro ricorderò questa esperienza più per il suo interesse culturale che per il danno subito… almeno spero.

Ecco il piatto incriminato. Interessa a qualcuno? Lo rivendo allo stesso prezzo... 😉

Concludo con una nota positiva. Ho trovato il miglior barbiere di sempre. In Turchia ce ne sono tantissimi e lavorano in continuo, spesso facendo la barba ai clienti. Mano sicura e rapidissima, trattamento finale con crema verde (vedi foto), e gran fiammata d'accendino per bruciare i peli delle orecchie, wow! Il tutto per 4 euro.

Aggiornamento 21 giugno 2013. Ho letto le recensioni TripAdvisor relative ai ristoranti Konak. Pare che quanto mi è successo sia assolutamente la norma: camerieri e gestori furbi che cercano di fare fessi gli stranieri. Leggendo le recensioni degli altri italiani truffati, credo di potermi ritenere fortunato. Evitate Konak come la peste!